• Spazio 361, S. Severino Marche (MC)

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Inaugurazione della Pinacoteca Padre Tacchi Venturi | Mastro T e l’arte

Un nuovo allestimento, l’abbattimento delle barriere architettoniche, interventi di restauro e di conservazione delle opere d’arte, percorsi e contenuti multimediali, percorsi tattili e schede braille per ipovedenti, nuove sale espositive e polifunzionali, un arricchimento della raccolta in mostra, una nuova ala dedicata al Barocco.

Una collaborazione fruttuosa tra enti e amministrazioni, studiosi, liberi professionisti e artigiani uniti a migliorare e rendere più fruibile un museo già orgoglio della città di San Severino Marche. Un gioiello incastonato tra i vicoli del centro storico.

A Mastro T l’onore di aver partecipato, di aver lavorato e continuato a lavorare alla realizzazione di questo progetto: conservazione e semplificazione volumetrica degli stalli dei magistrati, conservazione dello stemma civico, restauro ligneo di un soffitto a cassettoni della nuova ala dedicata al Barocco, restauro dei portoni, realizzazione delle rampe in legno per disabili, trecento metri di battiscopa in sei colori, una cornice e dei supporti per alcune delle opere esposte. Fatica e soddisfazione.

Sabato 19 marzo, dopo mesi di lavori, finalmente l’inaugurazione. Imperdibile.

 

 

 

 

 

 

 

C’era una volta una botte | Mastro T e il riuso

C’era una volta una vigna in un campo scosceso baciato dal sole, c’era una cantina con dentro tre botti di rovere vecchie decenni e c’era un contadino che ogni anno le riempiva. C’erano il piacere di potare le viti, il verderame delicato sui pampini, le imprecazioni contro la grandine o quando qualcosa non andava come sarebbe dovuto, poi c’era la raccolta festosa. C’erano cassette traboccanti di uva e api-vespe-e-moscerini tutt’intorno. C’erano i piedi dei bambini nella vasca, c’erano il torchio e il tino. C’era il mosto, tre botti di rovere e infine il vino.

E ora?

Ora non c’è più la vigna né il contadino ma ci sono tre botti di rovere ancora rosse di vino. C’è una collaborazione: l’idea di Altrochebacco di trasformarle in poltrone, Mastro T che ne esegue l’operazione e Il Tappezziere di Mercuri che riveste di pelle braccioli e seduta di quelle poltrone.

 

E con lo zigo zago… zigo, zago, zigo, zig! | Mastro T e la Singer

E con lo zigo zago

Teresina l’ago

m’hai ferito ‘l core

mi farai morir

dalla passione mi sento morir:

Zigo, zago, zigo, zig.

 

La conoscete questa canzoncina? Come ci dice Enzo Pio Pigniatello in un interessante articolo sulla storia delle macchine per cucire, è “la canzoncina dello Zigo-Zago che i piazzisti insegnavano alle ragazze al momento della vendita a rate della loro macchina da cucire, soprattutto perché imparassero a pedalare al ritmo giusto”.

Da Weisental a Pfaff, passando per Saint, Thimonnier, Howe e quindi Singer, ne è trascorso di tempo. Dal 1755 al 1862. Storie di inventori, di idee e anni di dedizione, di scoperte rivoluzionarie e di scontri, di sabotaggi perché allora come oggi spesso le innovazioni destano sospetto. Invece Thimonnier, sarto per mestiere, “aveva solo intravisto la liberazione di milione di sarte, grazie alla sua macchina e, avendone intuito l’utilità, aveva invocato strenuamente la creazione di scuole d’arte e mestieri per donne e per uomini”. Tuttavia, dopo anni di lotte, lavoro e miseria, finì per morire di stenti mentre la macchina iniziava a conquistare il mondo occidentale. Grazie anche ai continui miglioramenti, divenne così importante da imporsi non solo nelle industrie ma anche nelle famiglie. E oggi le vecchie macchine Singer e Pfaff sono la fortuna di chi le eredita, ricercate dai collezionisti. Così c’è chi le riprende dalla soffitta e decide di chiamare Mastro T per restaurarle; e poi ci sono le chicche del repertorio popolare!

Dopo il restauro:

Prima del restauro:

 

 

C’era un volta un mulino | Mastro T a Muccia

Muccia, un tempo crocevia dove fermarsi prima di ripartire per il proprio cammino. Muccia, piccolo borgo ricco d’acqua dove le acque di due fiumiciattoli canalizzate con sapienza durante la signoria dei Varano crearono un importante sistema di mulini utilizzati per lavorare i cereali.

C’era una volta un mulino funzionante in piazza della Vittoria, a Muccia.

Poi la storia fa il suo corso e di quel mulino resta ben poco se non le foto in bianco e nero di un passato lontano, i racconti preziosi di chi l’ha visto macinare. Dicono che sia importante ricordarsi delle proprie radici, conservare la memoria. Così un giorno quel mulino decidono di rimetterlo in funzione e chiamano Mastro T. Dopo sopralluoghi, incontri e ricerche, è stata immensa la soddisfazione di riuscire a ricostruirlo per renderlo funzionante.

C’era una volta un mulino funzionante in piazza della Vittoria, a Muccia. E ora c’è di nuovo.